Queen
Grande album dei Queen, raccoglie dei grandi superclassici che sono diventati giustamente famosissimi. Nonostante si tratti del loro disco di debutto, va detto che è un album da acquistare assolutamente e da non lasciarsi assolutamente scappare.
L’ascolto inizia con uno dei mastodontici super classici della band: Keep Yourself Alive, ottima canzone pop rock che ci inserisce nell’atmosfera e nel ‘colore’ dell’album; si prosegue con Doing Alright, altro grande super classico; è una canzone purtroppo poco conosciuta e sottovalutatissima: è stata scritta a quattro mani da Brian May e Tim Staffel al tempo degli Smile.
The Broadsword And The Beast
Un altro mastodontico super classico nella discografia dei Tull. Si tratta del mio terzo disco preferito: nasce come risposta all’album A (1980), uno dei lavori più controversi della band inglese.
Qui iniziamo davvero col botto: si tratta di un album davvero magistrale. L’ascolto inizia con Beastie, primo mastodontico superclassico: canzone splendida, con una parte ritmica davvero potente e precisa; si prosegue con Clasp, grande brano con un arrangiamento che strizza l’occhio al rock progressivo: qui il flauto di Ian An: si tratta di uderson regala davvero delle forti emozioni; si prosegue poi con Fallen On Hard Times, capolavoro assoluto che dimostra ancora una volta come i Jethro Tull si trovino a loro agio anche in ambito rockettaro. Abbiamo poi Flying Colours, uno dei punti deboli del disco: qui in evidenza c’è il pianoforte di Peter John Vettese, che fa il suo debutto come membro della band inglese. Si passa poi a Slow Marching Band, altro grande super classico dei Jethro Tull: si tratta di una grande ballata con un arrangiamento tipico dei Tull. Un altro punto debole del disco è Broadsword, ballata che alla lunga risulta un po’ indigesta. Ma torniamo a parlare di capolavori, perchè questo disco si chiude con tre autentici super classici: si parte con Pussy Willow, si prosegue con Seal Driver e si passa all’ultima traccia del disco: Cheerio.
Se, come chi scrive, possedete l’edizione rimasterizzata uscita nel 2005 che reca la scritta Digitally Remastered With Bonus Tracks, l’ascolto prosegue con altre otto canzoni: Jack Frost And The Hooded Crow, Jack A Lynn (la cui primissima versione è stata inserita nell’Heavy Horses. New Shoes Edition uscito nel 2018), Mayhem Maybe, Too Many Too, Overhang, Rhythm In Gold, I Am Your Gun e Down At The End Of Your Road. Un altro gioiellino nella discografia dei Tull che gli appassionati non possono assolutamente lasciarsi scappare!!
Thick As A Brick – Late Extra
Il mio primo album preferito dei Jethro Tull. È il primo disco che ho acquistato di questa band ed è quello che mi ha permesso di penetrare nel loro mondo straordinario. Mi aspettavo di ascoltare un disco immediato e facile da apprezzare al primo ascolto, ma non è stato così: mi ci sono voluti oltre otto ascolti successivi per poterlo apprezzare come merita; adesso infatti sono contentissimo di averlo tra i miei CD; adesso infatti tutte le volte che posso lo ascolto dall’inizio alla fine, perchè so di avere a che fare con un mastodontico super classico della band inglese.
Dopo il grande successo di Aqualung (1971), grande classico che ha reso la band famosa in tutto il mondo, i Jethro Tull sfornano Thick As A Brick (1972). Questo album nasce dalla necessità di rispondere ai critici che avevano etichettato l’album precedente come un concept album, cosa che Ian Anderson ha sempre smentito: l’ispiratissimo leader e frontman dei Tull ha sempre dichiarato che Aqualung non è altro che un insieme di canzoni senza che ci sia necessariamente un argomento comune.
Thick As A Brick porta questo discorso alle estreme conseguenze, nel senso che presenta un unico brano diviso in due parti per l’esigenza di cambiare il lato del vinile. Il testo poi, pubblicato nel libretto del disco, è presentato come opera di un bambino prodigio di otto anni, Gerald Bostock, ma i fan di lunga data sanno che in realtà l’album è stato scritto da Ian Anderson. Quella che sto recensendo è un’edizione Late Extra: oltre all’album contiene la versione live, registrata al Madison Square Garden nel 1978 (si tratta di uno dei concerti dell’Heavy Horses Tour) e un’intervista a Ian Anderson, Jeffrey Hammond-Hammond e Martin Barre.
Questo è un album in cui si inizia ad avere a che fare con sonorità squisitamente progressive rock. Infatti è bene sottolineare che gran parte della discografia dei Tull è composta da dischi che si possono considerare concept albums, anche se questo non rientrava nelle intenzioni di Ian Anderson.
Va detto, inoltre, che nel 2012, in occasione dei festeggiamenti per il quarantesimo anniversario dell’uscita dell’album, è stata rilasciata la Thick As A Brick – CD And Audio DVD Special Collector’s Edition. Si tratta di una Special Edition che include il CD e un DVD audio. In questo caso, la deluxe edition include una versione leggermente diversa dell’album (‘remixata’ da Steven Wilson) e, nel DVD, tutto l’album nella versione originale del 1972 e uno spot radiofonico messo in onda appositamente per la promozione dell’album. Se siete appassionati del genere questo è un disco da non lasciarsi assolutamente scappare.
Stormwatch
Dodicesimo album dei Tull, è il terzo grande concept album che i critici considerano parte della cosiddetta Trilogia folk che comprende Songs From The Wood, Heavy Horses e, appunto, l’album che sto recensendo. Nonostante questo, va sottolineato che, dal punto di vista delle sonorità, Stormwatch è un disco a sé; qui infatti i Tull abbandonano il folk rock tipico ad esempio di Heavy Horses e ritornano a sonorità squisitamente progressive rock rendendo le canzoni ancora più incisive ed efficaci. Se proprio vogliamo trovare un aspetto che accomuna i tre dischi, si tratta delle tematiche delle canzoni, in quanto, dopo un album che omaggia i cavelli e la vita di campagna, i Tull realizzano un album le cui canzoni trattano di eventi apocalittici, eventi spaventosi, dell’aumento del prezzo del petrolio, e così via.
L’ascolto inizia con North Sea Oil, primo gioiello progressive del disco: grande super classico, questa canzone fa subito capire di che tipo di problematiche tratterà questo album. Tema di questo brano – nonostante non sia citato esplicitamente nel testo – è l’aumento del prezzo del petrolio in seguito alla crisi petrolifera che ha colpito l’Europa negli anni Settanta.
Si passa poi a Orion, altro grande super classico. Si tratta della prima di un paio di canzoni che necessitano di un paio di ascolti successivi per poter essere apprezzata a dovere: va detto infatti che questa non è di facilissimo ascolto, ma quando la si apprezza come si deve diventa un ascolto di cui non si può più fare a meno. La traccia successiva è Home: ciò che arricchisce ancora di più questo brano assolutamente delizioso sono i caratteristici passaggi strumentali di gusto squisitamente progressive. Il brano successivo è Dark Ages: eccoci finalmente arrivati alla sintesi di tutto il disco; questo è un altro immenso super classico; si tratta di un brano splendido arricchito da passaggi di gusto spiccatamente progressive. Eccoci al primo brano strumentale del disco: Warm Sporran. Il titolo di questo brano fa riferimento a quella sorta di borsello che gli scozzesi indossano insieme al kilt. Questo è un brano assolutamente delizioso che cerca di far calare la tensione in un disco che tratta di questioni delicate.
Dopo l’efficacissimo intermezzo strumentale, inizia la canzone più bella dell’album: Something’s On The Move: si tratta del brano con sonorità genuinamente e squisitamente rockettare. Abbiamo poi tre brani meno impegnativi, con un arrangiamento squisitamente unplugged: Old Ghosts, Dun Ringill e Flying Dutchman. Dopo queste tre canzoni che costituiscono, con molta probabilità, il punto debole del disco, c’è l’ultima traccia dell’album: Elegy. Si tratta di un altro delizioso brano strumentale che ha il compito di far tirare un sospiro di sollievo e di far distrarre un momento l’ascoltatore regalandogli un momento di raccoglimento e di relax.
Se, come il sottoscritto, possedete la versione in cui, a sinistra della copertina c’è scritto Digitally Remastered With Bonus Tracks (in altri termini è la ristampa dell’album avvenuta nel 2004), l’ascolto prosegue con quattro brani in più: A Stitch In Time, Crossword, Kelpie e la strumentale King Henry’s Madrigal.
Songs From The Wood
Questo album è un vero e proprio sogno! Primo capitolo della cosiddetta Trilogia folk, questo disco è una celebrazione più o meno esplicita della vita in campagna.
Si tratta di uno degli album meno accessibili dei Tull: alcune canzoni, infatti, necessitano diversi ascolti successivi, ma una volta che lo si capisce davvero questo disco diventa subito un super classico.
L’ascolto inizia con Songs From The Wood, la canzone che dà il titolo all’album: grande super classico dall’atmosfera squisitamente progressive che mette in luce lo straordinario talento compositivo di Ian Anderson, l’ispiratissimo frontman della band; c’è poi Jack-In-The-Green, altro grande super classico: questo brano dimostra l’incredibile versatilità dei Tull anche nei brani acustici; l’ascolto prosegue poi con Cup Of Wonder, brano davvero splendido: è il primo gioiello di questo disco; un’altra splendida canzone è Hunting Girl, altro gioiello del disco: qui l’arrangiamento è di gusto vagamente progressive; abbiamo poi un piccolo grande classico progressive, Ring Out, Solstice Bells, canzone semplicemente splendida; un’altra canzone in scaletta è Velvet Green, altro grande classico arrangiato nel classico stile dei Tull; il brano successivo, The Whistler, è un brano delizioso: altro super classico con uno splendido arrangiamento progressive. Un altro grande gioiello di questo disco è Pibroch (Cap In Hand), brano con un caratteristico arrangiamento progressive in cui, in grande evidenza, c’è sia la chitarra di Martin Barre sia, in una delle parti più belle (e più indovinate) della canzone, il flauto di Ian Anderson; l’ultima canzone dell’album è Fire At Midnight, un altro brano delizioso, anche se penso che sia l’unico punto di debolezza dell’album.
Chi, come il sottoscritto, possiede la versione rimasterizzata del 2003 in cui, a sinistra della copertina compare la scritta Digitally Remastered With Bonus Tracks, l’ascolto prosegue con altre due canzoni: Beltane e una versione live di Velvet Green.
Inoltre, l’anno scorso la Parlophone Records ha rilasciato un fantastico box set da collezione per festeggiare il quarantesimo anniversario dell’uscita dell’album: si tratta della Songs From THE Wood – 40th Anniversary Edition ‘The Country Set’. Include tre CD e due DVD. Si tratta di un box set davvero ricco: nel CD 1 c’è l’album e gli Associated Recordings che riservano alcune piacevoli sorprese: Old Aces Die Hard (il titolo di lavorazione di questo splendido brano era Dark Ages. Se si ascolta attentamente, ci si renderà conto che la canzone Living In These Hard Times è nata da questa canzone); la versione No Synthesizers di Working John, Working Joe (brano che sarà poi riarrangiato e incluso nell’album A); la prima versione di Ring Out, Solstice Bells (il cui titolo è Magic Bells); una versione praticamente inedita di due canzoni deliziose: Songs From The Wood e Fire At Midnight; la primissima versione di One Brown Mouse (brano che era già stato incluso nella Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! – The TV Special Edition); Strip Cartoon (il motivo per cui questo brano è stato incluso in questo box set da collezione è che è stato rilasciato come lato B di uno dei singoli dei Tull [sul lato A c’era The Whistler]. Inoltre, è bene ricordare che questa canzone è la seconda Bonus track dell’album Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! e che compare, tra gli Associated Recordings nel deluxe repackage dell’album Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! rilasciato nel 2015) e The Whistler (Original 1977 Stereo Mix). Il CD 2 e il CD 3 documentano invece un concerto del Songs From The Wood Tour. Se siete dei veri e propri appassionati dei Tull e avete il pallino del collezionismo l’album e il suo deluxe repackage sono assolutamente da non perdere.
Heavy Horses
Secondo dei tre grandi concept albums che vengono inseriti nella cosiddetta Trilogia folk cominciata nel 1977 e conclusa nel 1979, anche se va detto che Stormwatch (l’album che conlude la trilogia) è il disco in cui i Tull ritornano a suonare il loro classico rock progressivo allontanandosi dal folk rock tipico dei primi due album). Dopo l’invito al rispetto per la natura, i Tull celebrano la vita di campagna: questo album è, infatti, un tributo ai cavalli che trainavano l’aratro nelle campagne inglesi e che sono stati mandati in pensione dai trattori, ma se non si farà ricorso alle fonti di energia rinnovabile si dovrà per forza ricorrere alla forza animale per poter trainare gli aratri e per essere aiutati nel lavoro dei campi.
L’ascolto inizio con …And The Mouse Police Never Sleeps: canzone davvero molto bella il cui incipit, in cui si sentono delle fusa di un gatto, indica con chiarezza che questa canzone parla dell’istinto (paragonato ad un poliziotto che non dorme mai) di cacciatore che hanno questi fantastici felini. La canzone successiva è Acres Wild, uno dei gioielli di questo disco: è un brano con un caratteristico arrangiamento folk che lo impreziosisce ancora di più rendendolo subito un grande super classico. C’è poi No Lullaby, altro brano molto bello: il testo invita a prestare molta attenzione e a tenere gli occhi ben aperti. Eccoci all’ascolto di un altro super classico: Moths, un altro grande gioiello di questo disco. Si passa poi a Journeyman, canzone davvero interessante, ma un gradino sotto rispetto alle canzoni precedenti. La canzone successiva è Rover, altro grande classico: brano davvero potente con un arrangiamento davvero efficacissimo. Troviamo poi One Brown Mouse, altra canzone davvero splendida. Ed eccoci al super classico per antonomasia: Heavy Horses, canzone assolutamente perfetta; dopodiché, l’album si conclude con Weathercock, l’unica canzone un po’ debole.
Se come me avete l’edizione in cui a sinistra della copertina c’è scritto Digitally Remastered With Bonus Tracks, l’ascolto prosegue con due tracce bonus che dovevano essere incluse nell’album, ma sono state scartate per mancanza di spazio: Living In These Hard Times e Broadford Bazaar, canzoni davvero molto belle.
Per gli appassionati collezionisti, l’8 marzo 2018 è uscita un’edizione deluxe: Heavy Horses – New Shoes Edition. È un box set davvero ricco: contiene 3 CD e 2 DVD: nel CD 1 c’è l’album e gli Associated Recordings; in altri termini, si tratta di canzoni che non sono mai state incluse come Bonus tracks in altri album né sono mai apparse nelle varie antologie: la prima e la seconda versione di Living In These Hard Times, Everything In Our Lives, la primissima versione di Jack-A-Lynn (canzone che poi verrà arrangiata in modo decisamente più rockettaro e inclusa tra le Bonus tracks dell’album The Broadsword And The Beast), Quatrain, Horse-Hoeing Husbandry, Beltane (canzone che è stata inclusa anche come Bonus track nella versione standard dell’album Songs From The Wood), Botanic Man e Botanic Man Theme. Una volta finita l’ultima canzone, dopo un minuto di attesa, si ascolta una Ghost track: Town In England. Il CD 2 e il CD 3, invece, documentano il concerto che i Tull hanno fatto a Berna nel maggio del 1978.
Anche in questo caso, se siete appassionati del buon rock progressivo, se siete fan dei Jethro Tull e se avete il pallino del collezionismo, questo disco e il suo deluxe repackage sono assolutamente da non perdere!!
Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die!
Continuando la nostra passeggiata nella lunga discografia dei Jethro Tull, troviamo questo gioiello che è uno dei dischi più belli nel catalogo della band. Si tratta di un album di transizione tra il rock progressivo e il folk rock; dopo questo disco, infatti, i Jethro Tull faranno una trilogia di folk rock composta da tre grandi concept album: Songs From The Wood (1977); Heavy Horses (1978) e Stormwatch (1979), per poi proseguire con tre album in pieno stile anni Ottanta, tra cui spicca The Broadsword And The Beast (1982).
Per quanto concerne le tracce di questo disco, l’ascolto inizia col preludio di cui ho parlato poco fa seguito dalla prima canzone dell’album, Quiz Kid: è un rock energico e potente con la chitarra e il flauto in grande evidenza. Si prosegue con Crazed Institution che è una grande canzone prog rock in cui il frontman della band sfodera tutto il suo straordinario talento nel trattare con estrema ironia le contraddizioni interne del mercato musicale. Si passa poi all’ascolto di Salamander, canzone in cui Ian Anderson dimostra la sua bravura sulla chitarra acustica; dopodiché, si passa a quella che è la canzone più bella di tutto l’album: Taxi Grab. Si tratta di un energico blues rock ed è una delle pochissime canzoni dei Tull in cui Anderson suona l’armonica a bocca.
Eccoci alla prima delle due ballate di cui consta questo disco, From A Dead Beat To An Old Greaser: canzone molto bella, arricchita dall’assolo di sax di David Palmer (citato anche nei crediti del disco). La canzone successiva – Bad Eyed And Loveless – è una canzone acustica in cui Ian Anderson canta accompagnato dalla sola chitarra acustica.
Le canzoni successive sono nello stile classico dei Tull: Big Dipper, Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! e Pied Piper. La chiusura del disco è affidata ad una splendida ballata che è, tra l’altro, una delle canzoni più sottovalutate della band: The Chequered Flag (Dead Or Alive). Se, come me, avete acquistato la versione in cui a lato della copertina compare la scritta Digitally Remastered With Bonus Tracks, l’ascolto prosegue con due tracce bonus: A Small Cigar e Strip Cartoon. Secondo me è più giusto che queste due canzoni siano state aggiunte alla fine del disco, perché, se fossero state inserite nell’album vero e proprio lo avrebbero rovinato, invece essendo delle canzoni che si trovano alla fine, hanno il pregio di lasciare intatta la narrazione della storia che passa attraverso le dieci canzoni che compongono l’album vero e proprio.
Come rivela chiaramente la copertina, le canzoni di questo album si basano su un fumetto concepito, ideato e disegnato da Dave Gibbons che racconta la storia di Ray Lomas, un appassionato del buon rock anni Cinquanta che ha una nostalgia incredibile degli anni della sua giovinezza in cui tutto ciò che indossava era di tendenza. Per ricordarsi dei vecchi tempi decide di farsi un giro sulla sua motocicletta, ma rimane vittima di uno spaventoso incidente. Soccorso in tempo, per fortuna sopravvive e appena esce dall’ospedale si rende conto che tutto è tornato esattamente come prima e che tutto ciò che lo riguarda fa ancora tendenza.
Nel 2015, per festeggiare il trentanovesimo anniversario dell’uscita di questo disco, è uscita un’edizione speciale: Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! – The TV Special Edition. Contiene 3 CD e 2 DVD e include davvero tante cose: il CD 1 include l’album ri-registrato in occasione dello Speciale TV filmato dalla BBC nell’aprile del 1976, cinque canzoni originali [From A Dead Beat To An Old Greaser, Bad Eyed And Loveless, Big Dipper, Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die! e The Chequered Flag (Dead Or Alive)] e la prima versione di Quiz Kid registrata a Monte Carlo. Il CD 2, invece, oltre a contenere delle succulentissime tracce bonus: Salamander’s Rag Time, Commercial Traveller, una versione strumentale di Salamander, una versione acustica di A Small Cigar, Strip Cartoon, la primissima versione di One Brown Mouse (canzone che comparirà poi sull’album Heavy Horses con un arrangiamento folk rock), una versione orchestrata di A Small Cigar e il demo di Too Old To Rock’n’Roll: Too Young To Die!, ripropone tutto l’album in versione rimasterizzata e con il missaggio dell’album originale. In questo disco, la formazione è sostanzialmente la stessa che ha suonato nell’album precedente, salvo il fatto che qui debutta ufficialmente John Glascock, ex componente dei Carmen.
Se siete degli appassionati dei Tull e avete il pallino del collezionismo, l’album e il suo deluxe repackage sono da non perdere!!
Benefit
Rieccomi con una nuova recensione. Stavolta però non recensirò un’opera lirica, ma un album di prog rock. È un album di una band che ha sicuramente lasciato il segno nella musica mondiale. Quasi tutti gli album di questa band sono indigesti al primissimo ascolto, ma questo fa eccezione: se vi piace il genere questo è un album da acquistare assolutamente.
Sto parlando di Benefit dei Jethro Tull. Terzo album della formazione britannica, è il primo vero e proprio successo di vendite per la band. Non è facile descrivere l’impatto emotivo che ho avuto quando ho ascoltato per la prima volta questo disco, ma posso sicuramente dire che si tratta di un lavoro che rimane nel cuore! Dopo This Was (1968) e Stand Up (1969), questo disco ha sonorità molto più rockettare. Nonostante non sia un vero e proprio concept album, penso che debba comunque essere definito come tale, in quanto la maggior parte delle canzoni di questo Cd trattano della società, di rapporti familiari, e così via.
Qui i Jethro Tull hanno ancora la primissima line up: Ian Anderson (Voce, flauto traverso, chitarra acustica); Martin Barre (chitarra); Glenn Cornick (Basso) e Clive Bunker (batteria). Questo disco è un vero e proprio gioiello che contiene capolavori come Inside, raffinatissima ballata folk, Nothing To Say e For Michael Collins, Jeffrey And Me. Il disco che sto recensendo ha il grande pregio di avere delle stupende tracce bonus che dovevano far parte dell’album, ma sono state rimaste fuori dalla versione su vinile per mancanza di spazio. Chi ha l’LP non sa assolutamente cosa si perde, ma per chi ha l’immensa fortuna di avere Benefit in Cd, sa benissimo che le Bonus tracks che sono state aggiunte sono dei veri e propri gioielli: basti ascoltare Singing All Day e Witch’s Promise.
Come se non bastasse, nel 2013 la Chrysalis Records ha rilasciato il box set da collezione Benefit – A Collector’s Edition, una succulenta edizione deluxe che, oltre all’album con le sue bonus tracks, è stato aggiunto un secondo cd con gli Associated Recordings e un DVD. Nella Special Edition, però, le Bonus tracks sono diverse rispetto all’edizione standard; infatti, mentre nella Standard Edition le canzoni bonus sono: Singing All Day, Witch’s Promise, Just Trying To Be e Teacher (Original UK mix) (tutte e quattro davvero consigliatissime, in quanto si tratta di quattro gioielli), nella versione deluxe le bonus tracks sono: Singing All Day, Sweet Dream, 17, Teacher (UK Single mix) e Teacher (US Album version).
,Si tratta di un disco da non farsi assolutamente scappare, anche perchè si tratta dell’album più sottovalutato in tutta la lunga discografia dei Tull. Ascoltatelo con estrema attenzione perché merita davvero!!
Manon Lescaut
Per la mia nuova recensione, vorrei stuzzicare la curiosità dei miei lettori dedicandomi ad una delle mie più grandi passioni. Lo faccio recensendo un’edizione di un’opera lirica che è stata documentata su VHS. Si tratta di una produzione di “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini andata in scena alla Flemish Opera nel 1991: nonostante sia un’edizione un pò datata, penso che sia davvero molto interessante da vedere. La regia di questo allestimento è curata da Robert Carsen, mentre le scene e i costumi sono di Anthony Ward.
Il punto di forza di questa edizione sono proprio le scenografie, in quanto sono sempre funzionali alla comprensione della trama di tutta l’opera. L’unico punto debole di tutta la produzione sono i costumi e le parrucche indossate dai personaggi femminili nell’Atto II e nella scena dell’appello (Atto III), in quanto quei costumi dorati e quelle parrucche appesantiscono tutto.
Bravissimi i cantanti: Miriam Gauci è ottima nel ruolo della protagonista; Jan Danckaert è il Lescaut ideale; Antonio Ordonez è un interprete raffinatissimo nei panni di Des Grieux; Jules Bastin e Barry Ryan caratterizzano molto bene i personaggi di cui vestono i panni. Uno splendido contributo alla riuscita di questa produzione è dato dalla Flemish Opera Symphony Orchestra diretta con mano sicurissima dal maestro Silvio Varviso. Chi volesse acquistare una buona edizione della terza opera di Puccini, questa produzione, disponibile su DVD, è, a mio avviso, un ottima scelta!!